Oliva Denaro
di Viola Ardone
recensione a cura di Federica Merli
“Al posto delle tabelline e dei verbi irregolari avrebbero dovuto insegnarci a dire di no, tanto il sì le femmine lo imparano dalla nascita“
Siamo nel 1960, in un paesino della Sicilia, Marturana, Oliva è una giovane ragazza di appena quindici anni, sogna di diventare, un giorno, una maestra.
Oliva ha un fratello gemello, Cosimo, e una sorella più grande, andata già in sposa; ha un rapporto conflittuale con la madre, una donna dura, che detta regole, che le ha sempre insegnato che “la femmina è una brocca, chi la rompe se la piglia”. E poi c’è suo padre, un uomo dolce, silenzioso, mite, con il quale Oliva ha un rapporto di intima comprensione, di tacita complicità.
Oliva diviene presto oggetto di desiderio e di possesso del figlio del boss del paese, un ragazzo che la vuole a tutti i costi, potrebbe avere tutte le ragazze del paese, ma vuole proprio lei…e se la va a prendere. La fa rapire, la violenta, e pretende, così, il matrimonio riparatore.
Oliva, che viene additata come la svergognata perchè ha perso la verginità, trova però, il coraggio di opporsi a quel matrimonio riparatore e decide di denunciare quella violenza sessuale…decide di dire no, decide di scegliere.
In una società e in un ambiente in cui la vittima di uno stupro è più colpevole del suo stupratore, sarà proprio il padre di Oliva, quell’uomo taciturno, mite, silenzioso,ad ignorare i luoghi comuni di quella mentalità,è proprio lui, uomo e padre, a sostenere la scelta e la decisione della figlia, “Questo faccio io, se tu inciampi, io ti sorreggo”.
E’ proprio la posizione del padre a far cambiare anche l’atteggiamento della madre di Oliva, lei, sempre così dura e rigida con la figlia, finalmente comprende la tragedia che ha vissuto la sua bambina.
C’è la denuncia, il processo, l’umiliazione di dover provare la propria innocenza di donna violata e assistere ad una condanna ad una pena mite.
“Perché per noi è difficile? Perché abbiamo bisogno di battaglie, di petizioni, di manifestazioni? Di bruciare reggiseni, di mostrare le mutande, di implorare di essere credute, di controllare la misura delle gonne, il colore del rossetto, la larghezza dei sorrisi, l’impellenza dei desideri? Che colpa ne ho io, se sono nata femmina?”
Oliva riprende gli studi, va dritta per la sua strada, realizza il suo sogno, diventa insegnante e rimane a vivere nel suo paese… perché lei non ha nulla di cui vergognarsi!
C’è una storia vera nella storia di Oliva: Oliva rende omaggio a Franca Viola, la ragazzina di Alcamo che nel 1965 non aveva voluto sposare il boss del suo paese, nonostante il sequestro e le violenze subite. Tutto era legalizzato da norme che sono state abrogate solo nel 1981.
Il matrimonio riparatore era previsto nel Codice Penale del nostro ordinamento giudiziario ed era regolamentato dall’art. 544
“Per i delitti preveduti dal capo primo e dall’articolo 530, il matrimonio che l’autore del reato contragga con la persona offesa estingue il reato, anche riguardo a coloro che sono concorsi nel reato medesimo e, e vi è stata condanna, ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali”.
Franca Viola, nel 1965, in Tribunale pronunciava queste parole:
“Io non sono proprietà di nessuno, l’onore lo perde chi fa certe cose e non chi le subisce”