Passaggio in ombra
di Maria Teresa Di Lascia
di Simona Perosce
“Nella casa dove sono rimasta, dopo che tutti se ne sono andati e finalmente si è fatto silenzio, mi trascino pigra e impolverata con i miei vecchi vestiti addosso, e le scatole arrampicate sui muri scoppiano di pezze prese nei mercatini sudati del venerdì. Ormai sono libera di non prenderne neanche uno, e ho tutta la mattina per stare in mezzo alle baracche a rovistare a piene mani, fra stoffe colorate e sporche che qualcuno, per sempre sconosciuto, ha indossato tanto tempo fa”.
Così inizia “Passaggio in ombra”, libro pubblicato da Feltrinelli nel 1995, vincitore del premio Strega nello stesso anno. L’autrice, Mariateresa Di Lascia, politica del partito radicale, attivista e giornalista scomparve pochi mesi prima, nel settembre 1994, a soli quarant’anni: il secondo caso di vittoria postuma dall’istituzione dello Strega nel 1947. Era già successo nel 1959 con “Il gattopardo”, di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Nel 2023 è accaduto con “Come d’aria” (Elliot) di Ada D’Adamo, scomparsa due giorni dopo essere entrata nella dozzina della LXXVII edizione del più ambito riconoscimento letterario italiano.
Siamo nel secondo dopoguerra, la storia ambientata a Rocchetta Sant’Antonio (Foggia), paesino dell’Appennino Dauno che ha dato i natali alla scrittrice, racconta le vicende della protagonista, che è la voce narrante, Chiara D’Auria (alter ego di Mariateresa) e della sua famiglia di origine. La narrazione, dal ritmo lento e pacato, come lente sono le giornate che scandiscono le vite degli abitanti di Rocchetta Sant’Antonio, scorre con uno stile intimo, riflessivo, introspettivo. La scrittura di Mariateresa Di Lascia è semplice, intensa e delicata in questo romanzo di formazione che è anche un racconto corale: attraverso la voce di Chiara ascoltiamo il canto di un’intera comunità con i suoi personaggi rumorosi e prepotenti come Tripoli, decisi e fieri come donna Peppina Curatore, indolenti e affettuosi come Giuppina. Le chiacchiere di paese non risparmiano nessuno, neanche Anita, madre di Chiara, l’ostetrica venuta da fuori che tutti chiamano la “mammana”. La bella Anita, con la sua rigorosa discrezione, il suo pudore, l’altruismo, l’amore per la figlia ed il coraggio incarna i tratti luminosi e struggenti dell’eroina. Francesco D’Auria, il padre di Chiara, è luce e ombra per lei.
“Quando aveva pensato a cosa sarebbe stata la sua vita, a quale forma si sarebbe piegata ad avere, se mai ne avesse avuta una, aveva sentito qualcosa ribellarsi dentro sé, come per una insopportabile imposizione. Allora aveva avuto un solo desiderio: conservare il più a lungo possibile, forse per sempre, la libertà di non avere nessuna forma.”
Il mio incontro con Mariateresa Di Lascia è tardivo, l’ho scoperta poco tempo fa grazie ad un libro che citandola al suo interno ha sollecitato la mia curiosità, “In Puglia”, scritto da Piero Meli, pubblicato da Giulio Perrone editore (collana Passaggi di dogana). Il capitolo su Rocchetta sant’Antonio racconta l’incontro casuale dell’autore con il romanzo che meritò lo Strega nel ‘95.
“Mi porteranno via, per queste strette scale dei palazzi moderni, e avranno un gran da fare per svuotare tutto il ciarpame che è stato la mia vita.”
Mariateresa Di Lascia ha dedicato i suoi ultimi anni di vita, oltre all’attività politica e alle battaglie civili, alla scrittura di questo romanzo in cui ha messo tutta sé stessa, tanto che leggendolo si ha la sensazione che si tratti della sua autobiografia. Il libro è diviso in due parti, “L’audacia” e “Il silenzio” ed è proprio quest’ultimo l’approdo atteso dalla protagonista per placare il caos, il suo atto di ribellione al rumore assordante, alle molteplici voci del Meridione in cui è cresciuta. Il silenzio è ricerca artistica in Mariateresa, che prima di congedarsi dalla vita ha lasciato come contributo al patrimonio letterario italiano, la voce solitaria di Chiara D’Auria che racconta con disarmante bellezza il suo passaggio in ombra.